ALFREDO MARZIANO | Dusty & Etta

Brasenose

Alfredo Marziano Giornalista musicale free lance, prestato al digitale (il sito Rockol, di cui sono collaboratore della prima ora) e votato al classic rock: “If I could only remember my name” di David Crosby, i dischi di Richard Thompson, dei Led Zeppelin, della Band e dei Grateful Dead sempre a portata di mano.

C100

Dusty in Memphis, Etta a Muscle Shoals. Quando volevo vincere a mani basse, in una serata tra amici o in un viaggio in macchina, mettevo su questa cassetta commissionata a un amico cultore del soul e del rhythm & blues, una musica che piace anche alle ragazze. Il disco Atlantic 1969 della Springfield – la “Mina inglese”: ribalto una frase che ho sentito dire una volta da Elvis Costello a proposito della tigre di Cremona – sprizzava charme, eleganza, morbida sensualità. Quello della James (My Greatest Songs, MCA, 1992) grinta, rabbia e passione divorante (“preferirei diventare cieca piuttosto che vederti con un altro uomo”). C’è di tutto, qui dentro: Burt Bacharach e il blues di Willie Dixon, la musica da film e la torch song torcibudella (At Last), il Brill Building e le grandi orchestre anni ’40. Il country funk di Tony Joe White e Otis Redding riletto al femminile. La Son Of A Preacher Man rivitalizzata da Tarantino in Pulp Fiction e la I Just Want To Make Love To You sdoganata al pubblico televisivo dal modello super sexy dello spot Coca-Cola. Il lato A, bianco e raffinato, e il lato B, nero e selvaggio, del miglior Southern Soul. Nel frattempo sono passato al Cd (per l’iPod e per Spotify c’è ancora tempo), ma ancora oggi non mi stanco di ascoltarle in repeat.

Quando Dusty Springfield morì, la regina Elisabetta stracciò i protocolli e dichiarò alla stampa di essere “rattristata”

Durante una delle sue primissime audizioni, Etta James era talmente turbata che si mise a cantare da sola nella stanza da bagno